Il boss ordinò la vendetta: «Armate i figli dei Capriati»

Il boss ordinò la vendetta: «Armate i figli dei Capriati»
di Nicola MICCIONE
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Sabato 4 Maggio 2024, 06:32


Una lite tra giovani Capriati e Strisciuglio in cui «Lello» si sarebbe intromesso in difesa dei suoi rampolli, forse proprio dei due figli. Ad un mese dall’omicidio di Raffaele Capriati, ucciso lunedì 1 aprile in una strada di Torre a Mare, in via Bari, probabilmente da due sicari a bordo di una moto, gli inquirenti, diretti dal pubblico ministero antimafia Grazia Errede, stanno scandagliando la vita dell'uomo, nipote del boss Tonino. Uno dei sospetti da subito avanzati è che il 40enne, colpito da tre colpi di pistola calibro 9x21 al volto e da uno alla spalla, avesse preso le difese dei suoi due figli («considerando il suo profilo criminale non è escluso che si fosse messo in mezzo», è il ragionamento degli investigatori) in uno dei tanti battibecchi in discoteca in cui Sabino e Christian, i figli di «Lello», erano stati protagonisti con i giovani di gruppi criminali rivali.

L'omicidio di Pasquetta

E anche per questo l’omicidio di Pasquetta, su cui è al lavoro la squadra mobile del primo dirigente Filippo Portoghese, potrebbe essere collegato con la sparatoria avvenuta a Carbonara, feudo degli Strisciuglio, il 28 marzo scorso, quando un 19enne e un 20enne del posto, incensurati, si sono presentati all’ospedale Di Venere con due ferite d'arma da fuoco al polpaccio e alla spalla.

Dei figli di Raffaele Capriati si parla anche fra le migliaia di pagine di atti di “Codice interno”, l'inchiesta che ha portato all'arresto di 135 persone fra i Parisi e i Palermiti. In una delle informative della sezione criminalità organizzata della Questura di Bari, infatti, si fa riferimento «alle fibrillazioni al rione Japigia» come «conseguenza dell’omicidio di Domenico Capriati», fratello di Raffaele, avvenuto il 21 novembre 2018 e di «potenziali azioni di vendetta che i componenti dei Capriati si stanno apprestando a compiere» contro Maurizio Larizzi, «i cui timori di restarne vittima sono da ascrivere al suo ruolo di mandante» del delitto. È un trojan piazzato nello smartphone di Giovanni Mastrorilli a captare la conversazione fra «Nino», Michele Parisi, il fratello di Savino soprannominato «Gelatina», e Eugenio Palermiti, «U’ Nonn», a casa del boss.

Le conversazioni

Palermiti, rivolgendosi a Mastrorilli, sostiene che «la picchiata la devono fare la picchiata… quello sta… il figlio di Filippo», intendendo, secondo gli inquirenti, «Sabino Capriati, figlio di Filippo (quest’ultimo fratello di Domenico)». È Mastrorilli, poco dopo, a precisare a Palermiti che si tratta del «figlio di Lello» puntualizzando che «no… il figlio di Filippo è un ragazzo buono». Per gli inquirenti, quella frase, «sta a significare che quel Sabino Capriati (figlio di Filippo) non è in grado di fare un agguato». Palermiti, a questo punto, afferma: «La devono fare la picchiata… il figlio di Lello e il figlio di Mimmo», ossia «i cugini Giuseppe Capriati (figlio di Domenico) e Sabino Capriati (figlio di Raffaele)», in quel periodo rinchiuso nel carcere di Tempio Pausania, a Sassari, per l’omicidio di Michele Fazio. Secondo gli inquirenti «sono, dunque, gli stessi interlocutori ad indicare i nomi di quelli che loro ritengono saranno gli esecutori materiali di una probabile azione armata in danno di un componente della famiglia Larizzi». Ed ancora: una «ulteriore conferma che suffraga la ricostruzione investigativa» è fornita da Palermiti e da Mastrorilli: «Il figlio di Lello è il ragazzo che abita in comunità» e poi, successivamente, alla domanda di Palermiti che gli chiede «Allora se n’è scappato dalla comunità?», Mastrorilli risponde: «Se n’è scappato… adesso l’ho saputo… adesso proprio». E proprio riguardo «a quest’ultimo particolare effettivamente Sabino Capriati, figlio di Raffaele, dal 20 dicembre 2018 si è allontanato arbitrariamente» da una comunità educativa di San Severo «in cui era stato collocato dal Tribunale per i Minorenni di Bari».

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