Azeglio Vicini, allenatore e uomo dall'animo semplice e coinvolgente

Azeglio Vicini, allenatore e uomo dall'animo semplice e coinvolgente
di Ugo Trani
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Mercoledì 31 Gennaio 2018, 12:19 - Ultimo aggiornamento: 13:24

Il ricordo delle notte magiche, passate all'Olimpico nel giugno del 1990, è l'eredità che Azeglio Vicini, morto a Brescia all'età di 84 anni, lascia al nostro calcio in crisi. La sua Nazionale ha entusiasmato come poche nella storia azzurra. E soprattutto ha divertito, portando in campo proprio lo spirito romagnolo del cittì di Cesena, spiritoso e coinvolgente anche nel privato, capace di alternare le statistiche, sempre recitate a memoria, sulle sue squadre, alle barzellette sempre d'attualità e mai volgari. E lontanissime dalle polemiche e i veleni di questi tempi. Come dimostrò a Bari, la sera in cui, battendo l'Inghilterra, conquistò il 3° posto in quel mondiale: «Di questa competizione cambierei solo il risultato della semifinale contro l'Argentina. Anche perché, in ogni partita, abbiamo fatto meglio degli avversari». L'Italia chiuse imbattuta, con 6 vittorie e il pari fatale contro Maradona, prima di cadere ai rigori. 

CT DI RIFERIMENTO
Vicini entrò presto nel giro azzurro. A 35 anni. E, dal 1968, non si sfilò mai la divisa della Nazionale, a parte le brevissime esperienze di fine carriera al Cesena e all'Udinese. E' stato, prima di essere chiamato al settore tecnico di Coverciano, protagonista in campo, da calciatore, per 25 anni: Vicenza, Sampdoria e Brescia. E proprio a Brescia, ha iniziato da allenatore. La gavetta con l'Italia l'ha fatta con l'Under 23. Ma a metà degli anni 70, con l'Under 21, ha cominciato a scrivere la sua storia azzurra. In quel decennio con i giovani ha costruito la Nazionale del '90. Prese il posto di Bearzot nell'86, dopo il mondiale in Messico, e si portò dietro proprio quei ragazzi dell'Under 21: Zenga, Ferri, Giannini, Donadoni, Vialli, Mancini. All'Europeo dell'88 in Germania l'Italia si presentò proprio con lo stile di Vicini: allegra e propositiva. E soprattutto con quel senso di appartenenza che ora è difficile riscontare. E che invece ha accompagnato il ct di Cesena per tutta la vita.

SELEZIONATORE IDEALE
In Italia, due anni dopo, Vicini avrebbe dovuto alzare la coppa. Il suo gruppo, dopo la convincente spedizione in Germania, è finalmente maturo. E chi è entrato a farne parte lo ha migliorato. La Nazionale si fermò al San Paolo contro l'Argentina di Maradona solo dopo i rigori. Ma fu protagonista, esaltando il pubblico di Roma e facendo il pieno di ascolti anche in tv. Il ct dimostrò in quei giorni le sue capacità umane e tecniche. La priorità all'azzurro e al suo lavoro. Così dimostrò di non aver problemi a lasciar fuori i suoi fedelissimi Vialli e Mancini e lanciò Baggio e Schillaci per dare spettacolo e vincere. Schillaci chiuse con 6 gol e fu il simbolo delle notti magiche. Vicini lasciò la Nazionale alla fine del '91, non avendo centrato la qualificazione all'Europeo in Danimarca. Al suo posto Sacchi, romagnolo (di Fusignano, però) come lui. Dopo aver guidato l'Associazione Italiana Allenatori, è tornato a Coverciano, da presidente del settore tecnico della Figc, ruolo che poi lasciò proprio a Baggio nell'estate del 2010.   

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