Roberta Vinci: «State buoni, se potete»

Roberta Vinci: «State buoni, se potete»
di Giovanni CAMARDA
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Lunedì 14 Novembre 2016, 20:11 - Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 02:14
Oggi la mia priorità è una sola: essere felice, stare bene con me stessa, non mettermi pressione. Non voglio più pormi aspettative, traguardi, assilli. Mi sono detta: Roberta, adesso goditi la vita».
Roberta è, ovviamente, Roberta Vinci. È a Taranto, scelta inusuale per lei: di solito, conclusa la stagione agonistica, a novembre partiva per qualche destinazione esotica prima di riprendere la preparazione. Ma questo è un momento diverso e diversamente gestito. Sta valutando se continuare o smettere con il tennis, ha necessità di stare tranquilla da qualche parte e casa sua, il suo circolo, sono l’oasi di cui ha bisogno in questi giorni “decisivi”. «Sì, d’accordo. Però non mi aspettavo tutto questo stress, la gente che mi ferma per strada, i giornalisti che mi chiamano, e tutti con la stessa domanda: che fai, smetti o vai avanti? Capisco, ma non ne facciamo una questione capitale».
Messaggio chiaro: bisogna aggirare l’ostacolo. Tanto non lo direbbe. Meglio raccogliere indizi, disseminati qua e là, tra un sorriso e l’altro. Il suo sorriso: «Molte volte è finzione, quasi necessaria. Dentro magari sei tesa, incazzata e non sei nella condizione di esternare. Per cui sorridi, senza cattiveria, quasi per difenderti. Si fa, è normale, direi anche giusto. Tante volte sei costretta a fare cose che in quel momento non ti vanno e ti mostri come davanti alla macchina fotografica: e allora, cheese».
Lei, comunque, di motivi per sorridere ne ha. Ha chiuso la stagione con il Master B di Zhuhai, meritato grazie al sedicesimo posto nella Race 2016: «Credo sia stato un anno positivo. A fine 2015 con Francesco (Cinà - ndr) ero preoccupata: come farò l’anno prossimo a difendere tutti quei punti? E lui mi rassicurava, mi diceva di stare tranquilla. Aveva ragione: sono tornata al Master B e quando mi sono ritrovata là, in quella stessa palestra, il coach mi ha detto: hai visto? ce l’hai fatta anche quest’anno».
Un anno per molti versi straordinario perché la Vinci arrivava dall’epica battaglia vinta contro Serena, la spinta propulsiva verso l’agognata top ten (poi è salita fino al n.7). È partita alla grande anche nel 2016, poi però ha dovuto fare i conti con la compagnia sgradita e sgradevole di un serio problema al tendine d’achille, fin da marzo. «Sì, non è stato facile portarsi dietro questo acciacco, per cui sono ancora più soddisfatta. Sono stata competitiva fino alla fine, pur tra alti e bassi come è normale che sia».
Più alti che bassi in una carriera semplicemente inimmaginabile 17 anni fa, quando debuttava nel circuito Wta. «Mi avessero detto che avrei conquistato anche solo un decimo dei risultati raggiunti non ci avrei creduto. E ancora adesso, quando nei tornei lo speaker mi presenta in campo, quasi non credo alle mie orecchie mentre snocciola tutti i miei successi. Mi chiedo: ma sta parlando di me? Pazzesco. Tutto sommato alla fine posso dire che mi manca solo, tra i traguardi possibili, il Master A. Non male, vero?».
Verissimo, tutto. I successi in singolare, gli slam in doppio, il career grand slam, i tre anni da n.1 della specialità, la vittoria su Serena, la finale agli Us Open, le Fed Cup. «Il tennis mi ha dato tanto, tantissimo: è il mio sport, sognavo da piccola di giocare, di arrivare. Certo, qualcosa questa carriera mi ha tolto: praticamente non sono mai stata bambina, sono andata via da casa prestissimo, ho rinunciato ad avere una vita normale, come le altre. Ho fatto sacrifici enormi. Però oggi posso dire che ne è valsa la pena, è stato tutto ripagato abbondantemente, e non parlo solo di soldi. E poi penso che per tutto il resto ci sia ancora tempo, posso recuperare».
Un anno fa di questi tempi, dopo l’annuncio in diretta planetaria da Flushing Meadows, lasciava l’attività agonistica Flavia Pennetta. Pensi che forse potrebbe essere la persona giusta cui chiedere consiglio, in questo momento, sul da farsi. Ma ti sbagli. «Con Flavia ogni tanto ci sentiamo, soprattutto via social. Di persona, dopo il suo matrimonio, ci siamo viste solo a New York. Come sta? Bene, è felice, per quello che mi ha detto a lei il tennis non manca, adesso è completamente assorbita dal matrimonio».
Flavia, in effetti, quando ha deciso di lasciare il tennis aveva una motivazione forte da contrapporre al circo della Wta. Potrebbe essere così, adesso, anche per lei: «No, per niente. Non ci sono situazioni sentimentali in gioco, non sto per sposarmi. E nemmeno altre attività da intraprendere sebbene le proposte non mi manchino, soprattutto dalla tv. Però non è questo, non c’è niente al momento nella mia vita al di fuori del tennis. Non sto pensando ad altro».
E a cosa, allora? «Devo solo capire se me la sento ancora. Non sono una ragazzina e non è tutto rose e fiore: gli allenamenti, i viaggi, lo stress, le sconfitte, le vittorie. Me la sento di affrontare ancora tutto questo? Non lo so, me lo sto chiedendo. Ma se vado avanti dev’essere chiaro, anzitutto a me stessa, che non ci saranno mezze misure: continuerei solo per essere competitiva, agli stessi ritmi di sempre, magari solo rinunciando a qualche appuntamento minore, ma pochi. Perché non esiste fare un torneo ogni tanto e immaginare di poter essere ancora all’altezza: appena rallenti, le altre ti prendono a pallate e a me di perdere proprio non va giù. Mai».
È un fatto suo e di nessun altro. «Decido io, è la mia vita, una mia scelta. Chi mi conosce lo sa, a cominciare dai miei e dal mio coach. Francesco mi ha detto: Roberta, devi sentirti libera, fai quello che meglio credi, io sono comunque con te». Ma lei sa bene di essere, in questo momento, l’immagine migliore del tennis italiano. In campo maschile la stagione è stata deludente per Fognini e Seppi, Bolelli ha problemi fisici, il solo Lorenzi ha ottenuto risultati apprezzabili. E tra le donne, dopo di lei il diluvio: Errani in crisi profonda, Giorgi in rotta con la Fit, Knapp alle prese con infortuni a catena. Normale che la Federazione speri fortemente che Roberta resti sulla scena: «Può essere, ma non è che Binaghi mi chiami tutti i giorni per sapere che farò. E comunque mi interessa relativamente, questa è una questione che prescinde da quello che mi sta attorno».
E però sa bene di essere oggi il punto di riferimento di un movimento in difficoltà. «Succede di attraversare periodi storici così, dopo tanti risultati straordinari. Ma io credo che la situazione di Sara, per dire, non sia affatto drammatica. In una carriera ci sono momenti di calo, lei aveva ottenuto in passato risultati eccellenti, sono convinta che si riprenderà presto, come Giorgi. Quanto a Karin (Knapp - ndc) purtroppo continua ad avere guai fisici che le impediscono di riprendere con continuità. È stata molto sfortunata».Gio
Parole dolci per tutte, anche per la Errani. «Non mi aspettavo la separazione da Lozano, mi ha colto di sorpresa. Ora si è affidata ad un allenatore di nome (il belga Wim Fissette - ndr), che ha lavorato con tante big del circuito come Clijsters, Azarenka, Lisick, Halep. Le incomprensioni tra me e lei sono ormai acqua passata, non è il caso di tornarci. Ci vogliamo bene, il rapporto oggi è buono. Rio? Quella di ricomporre il doppio non è stata una scelta sbagliata, la rifarei. Peccato per come è andata. Ma se vogliono posso tornare anche per Tokyo 2020». Lo dice sorridendo, per chiarire che è una battuta, merce avariata per cavarci un titolo. E comunque tra quattro anni ne avrà 37, è presto per pensarci.
Intanto pensa al presente e al futuro immediato. Sta qui ancora qualche giorno, attenta a non concedere troppo alla gola e ai manicaretti di mamma Luisa che in questi giorni si sente spesso ripetere «questo no, quest’altro no e neppure quello. Però va be’, adesso sono in vacanza e qualche sgarro me lo posso pemettere». Nulla di che, la forma va mantenuta. Un piccolo indizio anche questo?
Sì, forse, magari. Oppure no. Si tratta solo di attendere per capire. E ripartire, nella stessa direzione o in un’altra, comunque restando sempre fedele a se stessa. «Se è sì è sì, se è no è no», il suo nuovo marchio di fabbrica dopo quell’«applaudite anche me, cazzo». I suoi fans non aspettano altro che di poterlo fare ancora.
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