Fenomeno Taranto: numeri da serie A allo stadio Iacovone

Fenomeno Taranto: numeri da serie A allo stadio Iacovone
di Mimmo CARRIERI
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Martedì 30 Agosto 2016, 11:21 - Ultimo aggiornamento: 12:40
Pareggio e pubblico. Sono le due indicazioni positive che rivengono dal debutto in Lega Pro del Taranto, tornato tra i prof dopo quattro anni, con una prospettiva dinanzi a se tutta da costruire ma basata, in questa fase, dall’entusiasmo che la piazza sta dimostrando. L’analisi dei numeri, con riferimento agli spalti ed a ciò che avviene sugli altri campi, serve moltissimo. Non solo per crogiolarsi sulla retorica della ‘città che merita altri palcoscenici’, quanto piuttosto per capire emozionalmente ed economicamente quanto si possa investire su questo Taranto.

Settimo in Italia - I dati nazionali sugli spettatori sono fin troppo eloquenti. Se si considera la statistica inclusa la serie A e le gare in programma solo domenica (in B c’era Novara-Trapani), allora il Taranto si piazza settimo assoluto per numero di spettatori, facendo anche meglio del Sassuolo di Squinzi.

È ovvio che la massima serie viaggia su medie ovviamente più alte e su appeal mediatici che trainano moltissimi tifosi sugli spalti. Ma dalla serie B in giù (Lega Pro), dopo la prima giornata per tutto il weekend calcistico, il Taranto è secondo assoluto per pubblico. La piazza jonica è stata battuta soltanto dal Verona (contro il Latina) in B, dove si sono staccati circa 14 mila biglietti (abbonati inclusi). Con i suoi 9.402 appassionati la città dei “Due mari” si staglia in cima ad ogni soggettiva valutazione, dimostrando, dati alla mano, che facendo calcio serio, chiaro e (si spera per il futuro) tecnicamente oculato può ripagare sacrifici importanti, come quelli che la società ha sostenuto per il ripescaggio. Certo l’effetto-novità è destinato ad esaurirsi e di conseguenza a limare l’afflusso allo “Iacovone”, tuttavia il potenziale è così elevato (derby, scontri dal passato blasonato, etc.) e la partecipazione sugli altri campi così risicata, che si può percepire fin d’ora una eccellente tenuta delle medie di spettatori in casa tarantina. Che in questa speciale graduatoria se la gioca solo con le migliori compagini di serie B ed un paio di eccezioni di terza serie. Taranto ha fatto meglio di Benevento (contro la Spal ed al primo torneo di B nella storia sannita 8.278 paganti), Catania (serie C, 8.018 biglietti venduti), Spezia, Bari e Vicenza, tutte attestate poco sopra i 7mila tifosi presenti. Assai più staccati tutti gli altri club di serie B. Allo stato attuale, Catania a parte e con lo “Zaccheria” di Foggia squalificato per alcune giornate, non c’è storia in Lega Pro. Domenica il derby Catanzaro-Cosenza è stato seguito da quasi 6mila spettatori, a Livorno erano in 4.500 ed a Modena, per la sfida sentita con il Parma, appena 4mila. Il divario diventa siderale rispetto perfino al blasone di alcune piazze storiche: il Venezia di Inzaghi e dei milioni di euro investiti ha raccolto 2mila paganti ed a Messina, match con il Siracusa, si sono visti 2.600 supporter sulle tribune. Monopoli-Lecce è stata seguita da 3.500 persone.

Investimenti – Per il Taranto, come ormai assodato, sarà finanziariamente un anno di transizione. L’esborso per il ripescaggio (250mila euro di fondo perduto) inciderà in ogni decisione. Non è neppure un mistero che la società avrebbe gradito che una grossa parte di quei tagliandi staccati per il match col Matera fosse stato tramutato in abbonamenti nelle settimane precedenti, potendo così programmare interventi più sostanziosi sul mercato. Ed in effetti tra le grandi piazze, quella jonica è la meno generosa in questo senso: a Lecce l’obiettivo è quello di toccare il tetto dei 10mila abbonamenti, a Catania si sono registrati 4.093 abbonati, 3mila a Livorno. Tuttavia dopo il bagno di folla col Matera, il ragionamento potrebbe indurre una riflessione: quella di piazzare qualche colpo tecnicamente importante, a parità di obiettivo da raggiungere (la salvezza), sapendo che con quella media spettatori si potrebbe rientrare in buona parte di alcune spese. Un rischio? Probabilmente sì, ma intanto società e squadra procedono (comprensibilmente) a piccoli passi.
 
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