Nove condanne, tutte al femminile, a pene comprese tra quattro mesi e due anni. Si parla di un presunto giro di falsi braccianti, per ottenere contributi, anche e soprattutto in periodo di Covid. E nel caso specifico, un’azienda costituita appositamente per riuscire nell’intento. La vicenda, che coinvolge in tutto 49 persone, è finita dinanzi al giudice dell’udienza preliminare Giulia Proto. I fatti si sarebbero verificati tra Trepuzzi e Surbo in periodi tutto sommato recenti. Le persone coinvolte risultano residenti a Squinzano, ma anche a Lecce, Campi, San Pietro Vernotico e Lizzanello. Alcuni fra gli imputati hanno scelto di essere processati con rito abbreviato, altri invece hanno preferito patteggiare. Le posizioni di minor rilievo hanno optato per la messa alla prova che consente di giungere all’estinzione del reato compiendo lavori socialmente utili o attività di volontariato presso le associazioni. L’inchiesta è stata coordinata dal pm Maria Consolata Moschettini.
La vicenda
L’accusa per tutti è di truffa aggravata ai danni dello Stato. In sostanza sarebbe stata fondata una società agricola che di fatto però non avrebbe mai operato. Sarebbe stato anche individuato, fittiziamente, un terreno. E sarebbero state fornite istruzioni su come comportarsi in caso di controlli. L’assunzione di braccianti avrebbe fruttato dall’Inps l’erogazione di contributi previdenziali, tanto per cominciare, ma anche di indennità varie. Malattia, maternità, benefici straordinari previsti nel periodo più duro per tutto, quello della pandemia e del lockdown.
La truffa allo Stato ammonterebbe a circa 140mila euro.