Lecce, cosa succede? La crisi in sei punti

Lecce, cosa succede? La crisi in sei punti
di Giovanni CAMARDA
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Martedì 27 Marzo 2018, 12:54
Niente drammi né processi ma è arrivato il momento di capire che cosa stia succedendo al Lecce. Non si tratta di ingigantire i problemi ma solo di ammettere che sarebbe estremamente pericoloso far finta di non vedere. In una stagione capita, ovviamente, di attraversare fasi meno positive di altre, per una serie di ragioni, per cui è persino normale che una squadra così sotto pressione, dall’inizio del campionato, accusi una flessione di rendimento. L’importante, in questi casi, è capire l’origine di questo malessere e cercare di porvi rimedio perché quanto sta accadendo in queste settimane al Lecce forse va oltre il fisiologico. Di qui le preoccupazioni, le tensioni, le paure.
Di conseguenza è il caso, probabilmente, di andare alla ricerca delle cause di uno scadimento di forma tanto vistoso, accusato contro avversari decisamente al di sotto della media per qualità tecnica, ambizioni, classifica. Il tentativo, dettato appunto dalla volontà di dare un contributo costruttivo all’analisi di questo momento, è quello di inquadrare un piccolo elenco di temi che potrebbero essere alla radice di questo periodo che è negativo non per il clima attorno alla squadra ma per una serie di dati oggettivi. Nelle ultime 7 gare il Lecce ha raccolto 9 dei 21 punti disponibili (media 0,77) contro i 55 delle precedenti 24 gare (media 2,29). Ha segnato 5 gol (0,55) mentre nel periodo precedente ne aveva realizzati 42 (1,75). Questi sono i numeri. Poi ci sono le prestazioni, il gioco, materie magari opinabili ma che sembrano fare coerentemente pendant con i fatti. Ce n’è quindi a sufficienza per affrontare la questione nella speranza di venirne rapidamente a capo.

Difetto di personalità
Il Lecce sembra in difficoltà non tanto dal punto di vista fisico-atletico, quanto piuttosto sul piano della tenuta mentale. In questa fase la squadra pare accusare più del dovuto fattori con i quali dovrebbe invece avere una certa confidenza, almeno abbastanza per sterilizzare eventuali contraccolpi emotivi. Invece si ha la sensazione che vengano ingigantiti aspetti secondari, se non trascurabili. Lo si intuisce soprattutto da certe dichiarazioni di insofferenza verso i mugugni esterni contro i quali si sono espressi soprattutto Cosenza e Liverani. Critiche dettate dalla preoccupazione dell’ambiente e certo non dal cupio dissolvi di una tifoseria duramente provata in questi anni. Né si può rimproverare molto ad una piazza che ha seguito il Lecce per tutto l’anno con grande trasporto. In ogni caso, a certi malumori si risponde in un solo modo: con le prestazioni e i risultati.

Di Piazza part time
Uno dei temi di discussione in queste settimane è rappresentato certamente dall’impiego molto parziale dell’attaccante Di Piazza, spessissimo confinato da Liverani in panchina per poi farlo subentrare in caso di necessità. Una dimensione che forse penalizza troppo un giocatore che invece appare sempre, anche quando entra a gara iniziata, in grado di mettere in ambasce le difese avversarie, avendo una vivacità e un estro che altri suoi colleghi di reparto non mostrano. Anche a Caserta, come altre volte in precedenza, Di Piazza è stato l’unico giallorosso in grado di presentarsi palla al piede davanti al portiere avversario, venendo poi rimontato. Piaccia o no, è stata quella l’azione offensiva più pericolosa costruita dal Lecce. In una fase così arida di gioco, probabilmente Di Piazza meriterebbe più spazio, magari anche per scendere in campo più sereno in modo da non farsi prendere dall’ansia da prestazione.

Il declino di Caturano
Significativa in questa fase della stagione la strana parabola di Caturano, uno degli acquisti più importanti degli ultimi anni in casa giallorossa. Eppure da un po’ di settimane l’attaccante campano è finito letteralmente ai margini della squadra, perdendo clamorosamente posizioni nella gerarchia del reparto. A Caserta è entrato praticamente come ultimo di una batteria che comprende anche Saraniti, Torromino, Di Piazza, Dubickas e Persano, messo dentro da Liverani prima di uno che comunque ha segnato 8 gol. Ora, nessuno deve giocare per diritto divino, è giusto che un tecnico scelga in base a quello che vede durante la settimana, ma un sovvertimento dei ruoli tanto vistoso lascia immaginare che alla base ci possano essere ragioni che sfuggono alla comprensione “tecnica” della vicenda. Ed è altrettranto evidente che senza il giusto feeling tra un allenatore e i giocatori che allena, le prestazioni singole e collettive ne risentono.

Il trequartista volubile
Una delle ragioni della prepotente ascesa del Lecce dopo il balbettante avvio con Rizzo è stata senza dubbio il cambio di modulo. Liverani da subito ha puntato sul 4-3-1-2 con risultati straordinari. Ora invece sembra quasi che questo assetto non riesca più a valorizzare le risorse tecniche della squadra. Un dubbio è lecito: non dipenderà forse dalla continua alternanza di giocatori nel ruolo di trequartista? Finora hanno agito in quella zona: Pacilli, Tsonev, Torromino, Costa Ferreira, Mancosu e Tabanelli, sorvolando su soluzioni estreme a partita in corso. Ma in quel modulo il trequartista diventa cruciale, il fulcro della manovra offensiva, e probabilmente avvicendare vorticosamente nomi e uomini con caratteristiche differenti non giova agli automatismi, all’affiatamento e all’efficacia di un gioco affidato a fonti sempre cangianti con risultati che non sembrano premiare tanti cambiamenti.

Formazioni ballerine
Altro elemento che potrebbe non giovare alle prestazioni della squadra è l’instabilità nelle scelte iniziali. Liverani, valore aggiunto nella poderosa risalita del Lecce, da qualche tempo continua a modificare lo schieramento di partenza da un match all’altro. E si tratta di non poche variazioni. È del tutto naturale dar corso ad avvicendamenti dettati dalla necessità di far rifiatare qualcuno in un periodo particolarmente intenso e carico di impegni, come quello attuale. Senza contare, ovviamente, le sostituzioni dettate da infortuni, scadimenti di forma, squalifiche. Ma bisognerebbe forse dosare con maggiore accortezza il turn over. Sonofuori discussione, chiaramente, la competenza del tecnico e le sue motivazioni: se cambia, pensa di farlo per il meglio. Tuttavia, a volte la squadra appare un po’ disorientata rispetto ad una fase precedente in cui giocava quasi a memoria.

Il fattore ambientale
Per quanto legittime, le preoccupazioni di queste settimane non devono prendere il sopravvento su una situazione oggettivamente ancora favorevole. Il Lecce è primo con 4 punti sulle siciliane e non è scritto da nessuna parte: a) che i giallorossi debbano continuare a calare di rendimento; b) che lo scontro diretto tra Catania e Trapani debba necessariamente premiare una delle due, visto che esiste anche la possibilità si annullino a vicenda. In ogni caso, alla sesta stagione consecutiva in serie C, la piazza deve cercare di svolgere un ruolo costruttivo, ribaltando precedenti esperienze negative e dando fiducia ad un gruppo che evidentemente non è solidissimo dal punto di vista caratteriale. Certo, di calcio si dovrebbe poter parlare senza censure, anche se correttamente. Ma se la squadra reclama questa tranquillità come conditio sine qua non per esprimersi al meglio, sarà il caso di farsene carico da qui alla fine. Quindi, lingua e tastiera a posto.
 
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