I genitori di un bambino di 5 anni, nato e vissuto al rione Tamburi di Taranto, che ha contratto la leucemia, malattia che essi ritengono connessa alle emissioni nocive dello stabilimento ex Ilva, hanno fatto causa allo Stato chiedendo un risarcimento di oltre un milione e mezzo di euro.
Oggi la prima udienza al Tribunale civile di Lecce. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Anton Giulio Lana, Mario Melillo, Cosimo Portacci e Maria Immacolata Riso.
Il caso
Il caso al centro della causa civile, è detto in una nota dei legali, «è emblematico della grave situazione per la salute dei bambini di Taranto, specialmente di coloro che vivono nel quartiere Tamburi e Paolo VI.
Vogliamo giustizia
«Vogliamo giustizia per le sofferenze di nostro figlio». Lo afferma la mamma di Jacopo, bimbo di 5 anni residente al rione Tamburi di Taranto che ha contratto la leucemia. I genitori hanno promosso una causa civile contro lo Stato, ritenendo correlata l'insorgenza della malattia con le emissioni dello stabilimento siderurgico ex Ilva. «Non può uno Stato civile - aggiunge in una nota il papà del bambino - sacrificare la salute dei cittadini in nome della tutela del lavoro».
I legali hanno spiegato che «all'esito di uno studio condotto dall'Istituto superiore di sanità, il latte della madre di Jacopo è risultato, tra gli altri, contaminato da diossine, pcb e furani (tutte sostanze tossiche, tra cui un marker specifico dell'industria metallurgica quale il furano)». Pertanto, sostiene ancora il collegio difensivo, che ha chiesto oltre un milione e mezzo di euro a titolo di risarcimento danni, «è acclarato che Jacopo, durante la sua vita fetale e successivamente durante tutto il lungo periodo in cui è stato allattato al seno, è stato esposto a sostanze con azione cancerogena certa - diossine e furani - presenti in eccesso nel latte di sua madre». «Le stesse Nazioni Unite, attraverso - evidenziano i legali - due organi sussidiari che hanno effettuato due visite nella città di Taranto nell'ottobre e nel dicembre 2021, hanno stigmatizzato il perdurare di una situazione di pregiudizio alla salute umana per l'intera popolazione residente nelle aree a rischio e hanno condannato l'inerzia dello Stato e la mancata attuazione dei piani di bonifica».