È stata Maria Giannico, la madre di Alessandro Leogrande, a consegnare il premio che porta il nome del figlio nelle mani di Francesca Coin. L’autrice di “Le grandi dimissioni” (Einaudi) si è aggiudicata l’ottava edizione del premio che porta il nome del giornalista e scrittore tarantino, scomparso prematuramente nel 2017, quando aveva solo quarant’anni.
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Il premio
La cerimonia di consegna del Premio Leogrande si è svolta ieri sera al teatro Fusco di Taranto ed è stata preceduta da un momento di ascolto e confronto con i cinque autori e autrici finalisti, che sono stati intervistati dal giornalista Giorgio Zanchini su temi inerenti le loro opere.
Al termine delle interviste, la presidentessa Orietta Limitone ha proclamato il titolo vincitore: “Le grandi dimissioni” di Francesca Coin, e Maria Giannico, madre di Leogrande, ha conferito la targa che sancisce la vittoria di questa VIII edizione.
Il Premio Leogrande prevede anche una sezione studenti: le scuole che hanno aderito al progetto “Raccontami il giornalismo”, dopo aver seguito una masterclass di Annalisa Camilli, hanno prodotto un'inchiesta/reportage narrativo. È stata poi Camilli, nel corso della serata, a decretare come lavoro migliore quello del Liceo De Sanctis Galilei di Manduria con l’inchiesta “Sotto la superficie”, interviste sulla violenza di genere.
Ma le scuole hanno anche scelto il loro libro preferito tra quelli in concorso: per la sezione "Premio Studenti", si registra ex aequo “Un autunno d’agosto” di Agnese Pini (Chiarelettere) e “Mal di Libia” di Nancy Porsia (Bompiani).
«Il premio Leogrande - ha commentato Zanchini - è un po' unico nel nostro Paese, nel senso che è come se l'esempio di Alessandro, il suo impegno civile, il suo spendersi nella realtà quotidiana, il suo cercare sempre oltre l'apparenza delle cose, spingessero quasi naturalmente a scegliere libri che hanno quello spirito. Magari è difficile trovare temi comuni, fili rossi - quest'anno la ricostruzione di un eccidio nazifascista, il racconto di cosa è accaduto in Libia, l'attivismo climatico, o ancora le trasformazioni laceranti della Groenlandia o del mondo del lavoro -, ma lo spirito è quello, ed è anche un omaggio alla ricerca sempre generosa e inesausta di Alessandro».
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