Il doppio ex Boniek: "Lecce-Roma è una sfida aperta. Il Salento nel mio cuore"

Zibì Boniek
Zibì Boniek
di Antonio IMPERIALE
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Martedì 26 Marzo 2024, 05:00
Il giallorosso, quello della Roma, quello del Lecce. Correvano gli anni Ottanta, dal 1985 al 1988, all’ombra della Capitale, dopo i trionfi con la sua Juventus, con la quale aveva vinto tutto quello che c’era da vincere in Italia, ed in Europa. Un tandem per la storia, lui, Zibì Boniek e Michel Platini, il top della classe, del calcio. Il giallorosso del Lecce, l’alba degli anni Novanta, la prima esperienza da allenatore, l’esperienza di un anno.
La classe se la porta addosso da sempre, da calciatore, ma anche come dirigente, come opinionista, il campione polacco. L’incanto di ascoltarlo ora che, dal vertice della Uefa come vicepresidente, corre sulla via dei ricordi. Ci parla da Roma. Il primo tuffo è in quella beffa che costò lo scudetto ai capitolini per la sconfitta con un Lecce già retrocesso. «Ogni volta che la ripenso mi sembra ancora più incredibile. Era una partita da vincere 9-1, perdemmo per 2-3. Compromettemmo il tricolore che sentivamo già sulla maglia». A Lecce con la Roma segnò un gol al Via del Mare. «Un gol sotto la Curva, quello del 2-0. Era la metà di dicembre, si giocava la gara di andata. Nessuno avrebbe pensato alla beffa nella partita del ritorno». E poi il via in panchina, campionato 1990-91. «Era il mio debutto da allenatore. Una stagione dove ho vissuto tutto: la gioia per l’esordio in panchina in una bella realtà come Lecce, l’amarezza per la retrocessione. Fu un campionato sfortunato, si era fatto male Marino, Mazinho aveva le sue difficoltà in avanti dove contavamo su Pasculli. La società voleva darsi da fare. Doveva arrivare Zola da Napoli, era già tutto fatto, ma il giorno prima dell’arrivo erano scoppiati problemi con Maradona. E noi restammo con i nostri limiti offensivi. Ho ancora dei rimpianti, per il Lecce che visse l’amarezza della retrocessione, per la gente che mi voleva bene, per me che retrocedevo al mio primo anno da allenatore. E magari avrei avuto una carriera diversa da tecnico».
Il passato, il presente. La Roma di oggi che manda a casa Mourinho e infila risultati vincenti con De Rossi, il Lecce che esonera D’Aversa e riparte vincente con Luca Gotti. «Mourinho è Mourinho, non posso dire niente. Per i traguardi però sono molto importanti i rapporti umani. La società ha fatto la mossa giusta. I giocatori forse erano un po’ esausti. Se arriva una serie positiva come quella che sta vivendo la Roma, vuol dire che i calciatori non erano esausti fisicamente, ma magari stremati psicologicamente. Non conosco Gotti. Corvino conosce certamente tutti e garantisce. Mi dispiace per D’Aversa che aveva cominciato bene. Poi forse non stava ottenendo quello che voleva, chissà come era teso magari per gli ultimi risultati, se ha avuto quella reazione. Ho visto il Lecce nella partita contro il Verona di Baroni che avevo seguito bene nella scorsa stagione quando guidava i salentini. Non era certamente al top. Il Lecce ha detto basta alla crisi dei risultati con la quale si stava misurando. Si è portato preziosamente più in alto di tutti nella zona salvezza, dove ci sono squadre ben attrezzate. Roma-Lecce è una partita di straordinaria importanza per entrambe le squadre. Il Lecce, per il quale sono importanti i punti di vantaggio sulle altre concorrenti alla salvezza, deve confermare di avere dimenticato il momento difficile, di aver ritrovato la via del gol, di aver l’animo libero; la Roma che punta al quarto o quinto posto buono per la scena europea, per andare in Champions, approdo che garantisce un supporto economico, deve proseguire sulla svolta impressa da De Rossi. Può succedere di tutto, a prescindere dagli stessi valori delle squadre in campo».
Uno sguardo in alto, nella classifica. Inter in fuga solitaria, ma nessuna squadra italiana ancora in gioco per la Champions League. «L’Inter meritava di più con l’Atletico e in campionato dopo la squadra di Simone Inzaghi non ne vedo altre ben attrezzate. Per i posti buoni sono in gioco almeno in sei. È un calcio che esagera, il nostro, con le partenze da dietro e non è un grande calcio. L’Italia? In partenza non sarà la più forte, ma sarà certamente molto determinata».
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